L’art. 5 della legge n. 898/1970 prescrive esplicitamente che, successivamente al divorzio, “La donna perde il cognome che aveva aggiunto al proprio a seguito del matrimonio”.
La giurisprudenza ha chiarito che la moglie può continuare ad utilizzare il cognome del marito soltanto nel caso in cui la donna abbia fatto uso protratto del cognome stesso, sicché questo sia ormai diventato mezzo di identificazione della sua persona (v. ad esempio Tribunale di Napoli, 11.7.2003).
Significativa è certamente la sentenza n. 5644/2009 del Tribunale di Milano ove si legge testualmente quanto segue: “L’interesse al mantenimento del cognome del coniuge dopo il divorzio risulta meritevole di tutela qualora riguardi la sfera del lavoro professionale, commerciale o artistico della moglie , oppure, ancora, in considerazione di profili di identificazione sociale e di vita di relazione meritevoli di tutela oltre che di particolari profili morali o considerazioni riguardanti la prole (la cui identificazione con un cognome diverso possa essere causa di nocumento). L’indagine circa la sussistenza di siffatti presupposti può essere effettuata sulla base di documenti attinenti agli ambiti della vita privata della coniuge che possono assumere rilievo in tal senso, come quelli che riguardano la salute della medesima (ad esempio certificati medici dai quali risulta una almeno prevalente intestazione alla donna con il cognome del marito), la vita professionale egli affari. Qualora risulti da tale documentazione – e l’indagine può e deve riguardare tutti i documenti prodotti dalla controparte anche a scopo diverso, come la stessa procura alle liti – che l’utilizzo del cognome del marito non assume, rispetto allo svolgimento della vita della moglie , un rilievo preminente rispetto ai profili sopra menzionati, non ne sussiste a favore della medesima il diritto alla conservazione”.
E’ bene tuttavia tener presente che “la sentenza che abbia pronunciato il divorzio, ancorché comporti per la moglie la perdita del cognome maritale, acquisito con le nozze, ove non contenga alcuna statuizione in ordine all’uso di detto cognome da parte della moglie , non costituisce titolo sufficiente per ottenere l’esecuzione forzata ex art. 612 c.p.c. della relativa inibitoria nei confronti della donna che, malgrado il divorzio, continui ad usare il cognome dell’ex coniuge: a tal fine, è infatti necessaria un’esplicita enunciazione del divieto dell’uso” (Cass. Civ. n. 12160/1990).
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