specialmente per Ania:
Io non sono come quella Musa (Sonetto 21)
-William Shakespeare
Io non sono come quella Musa
ispirata alla poesia da bellezze artefatte,
che usa come ornamento il cielo stesso
ed ogni beltà compara al suo splendore,
raggruppando in solenni paragoni
sole, luna, terra e del mar le ricche gemme,
i primi fiori dell'Aprile e quanto di prezioso
racchiude il firmamento in questa immensa volta.
Onesto in amore, permettete ch'io scriva il vero
e poi credetemi, il mio amore è bello quanto
il figlio di ogni madre, anche se non brilla
come quei lumi d'oro fissi nel firmamento:
lasciate esagerare chi ama frasi di grande effetto;
io non vanterò chi non intendo vendere.
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Il mio occhio si è fatto pittore (Sonetto 24)
-William Shakespeare
Il mio occhio si è fatto pittore e ha tracciato
la forma della tua bellezza sulla tavola del mio cuore.
Il mio corpo è la cornice in cui essa è tenuta,
e, fatta in prospettiva, essa è la migliore arte del pittore:
perché attraverso il pittore devi vedere la sua maestria,
per scoprire dove sia la tua fedele immagine dipinta,
che sempre pende nella bottega del mio petto,
nelle cui finestre si specchia il vetro dei tuoi occhi.
Ora vedi che bei servigi gli occhi hanno reso agli occhi:
i miei hanno ritratto la tua figura, e i tuoi per me
sono finestre sul mio petto, attraverso cui il sole
si diletta a sbirciare, per ammirare, là dentro, te.
Ma agli occhi manca l'abilità che dia grazia alla loro arte:
ritraggono solo ciò che vedono, non conoscono il cuore.
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Chi è in favore delle proprie stelle (Sonetto 25)
-William Shakespeare
Chi è in favore delle proprie stelle
si vanti di pubblico onore e superbi titoli,
mentre io, cui la sorte nega simili trionfi,
godo insperatamente chi maggiormente apprezzo.
I favoriti dei potenti schiudono i bei petali
soltanto come calendule allo splendor del sole,
è già sepolto in loro il loro proprio orgoglio
perché alla prima nuvola cade la loro aureola.
L'eroico combattente, famoso per valore
se dopo tante vittorie subisce una sconfitta,
per sempre vien radiato dall'albo dell'onore
e in più dimenticato ogni successo ardito:
felice sono io che amo e son riamato
dove l'amor non cambia né può esser ripudiato.
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Consunto da fatica, coro presto a leto (Sonetto 27)
-William Shakespeare
Consunto da fatica, corro presto a letto
caro ristoro al corpo distrutto dal cammino;
ma allor nella mia testa s'apre un'altra via
a stancar la mente or che il mio corpo ha tregua.
Svelti i miei pensieri da lontano ove dimoro
volgono in fervido pellegrinaggio a te
e tengono spalancate le mie palpebre pesanti
scrutanti quelle tenebre che il cieco sol conosce:
ma ecco che la vista immaginaria del mio cuore
presenta la tua ombra al mio sguardo senza luce,
che, simile a diamante sospeso nel buio più nero,
fa la cupa notte bella e il suo vecchio volto nuovo.
Così di giorno il corpo, di notte la mia mente
per colpa tua e mia non trovano mai pace.
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Come posso ritrovare la mia pace (Sonetto 28)
-William Shakespeare
Come posso ritrovare la mia pace
se il ristoro del sonno mi è negato?
Se l'affanno del giorno non riposa nella notte
ma giorno da notte è oppresso e notte da giorno?
Ed entrambi, anche se l'un l'altro ostili,
d'accordo si dan mano solo per torturarmi
l'uno con la fatica, l'altra con l'angoscia
di esser da te lontano, sempre più lontano.
Per cattivarmi il giorno gli dico che sei luce
e lo abbellisci se nubi oscurano il suo cielo:
così pur blandisco la cupa notte dicendo
che tu inargenti la sera se non brillano stelle.
Ma il giorno ogni giorno prolunga le mie pene
e la notte ogni notte fa il mio dolor più greve.
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Come posso cantare equamente i tuoi meriti (Sonetto 39)
-William Shakespeare
Come posso cantare equamente i tuoi meriti
se tu sei tutto il meglio di me stesso?
A cosa può servirmi la lode del mio io?
E se lodo te, cos'altro è se non l'elogio mio?
Anche per questo dobbiamo vivere divisi
e lasciar che il nostro amore perda la sua unita',
affinché con questa separazione io possa dare
quanto a te dovuto e che tu solo meriti.
O lontananza, quale tormento tu saresti,
se l'amaro ozio non m'accordasse la dolce libertà
di occupare il tempo in pensieri d'amore,
che dolcemente inganna sia tempo che pensieri,
e se non m'insegnassi come divider uno in due
lodando la presenza di chi in realtà è lontano.
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Lascia ch'io confessi che dobbiamo separarci (Sonetto 36)
-William Shakespeare
Lascia ch'io confessi che dobbiamo separarci
anche se il nostro amore è un uno indivisibile,
così quelle colpe che son soltanto mie
senza il tuo aiuto, le sopporterò da solo.
Nei nostri due amori vi è un comun sentire
anche se un'ingiustizia separa le nostre vite,
che pur non alterando il nostro sentimento
sottrae dolci momenti al piacere dell'amore.
Io non potrò mai più mostrar d'esserti amico
per timor che ti dian onta le mie colpe indegne,
né tu potrai onorarmi con palese simpatia
se non vorrai infamare la tua reputazione:
ma non rischiare questo: io ti voglio così bene
e ti sento tanto mio che mio è il tuo buon nome.
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I miei occhi e il cuore son venuti a patti (Sonetto 47)
-William Shakespeare
I miei occhi e il cuore son venuti a patti
ed or ciascuno all'altro il suo ben riversa:
se i miei occhi son desiosi di uno sguardo,
o il cuore innamorato si distrugge di sospiri,
gli occhi allor festeggian l'effigie del mio amore
e al fantastico banchetto invitano il mio cuore;
un'altra volta gli occhi son ospiti del cuore
che a lor partecipa il suo pensier d'amore.
Così, per la tua immagine o per il mio amore,
anche se lontano sei sempre in me presente;
perchè non puoi andare oltre i miei pensieri
e sempre io son con loro ed essi son con te;
o se essi dormono, in me la tua visione
desta il cuore mio a delizia sua e degli occhi.
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Qual è la tua natura, di che mai sei fatto (Sonetto 53)
-William Shakespeare
Qual è la tua natura, di che mai sei fatto
per essere scortato da tante ombre estranee?
Ognuno riflette solo l'unica sua ombra
e tu puoi, da solo, prestarti a tante ombre.
Si descriva Adone ed il suo ritratto
misera imitazione diventa di te stesso;
si sommi al volto d'Elena ogni bellezza rara
ed ancora appari tu dipinto in vesti greche:
si parli di primavera e di copiose messi,
la prima non è che l'ombra della tua bellezza,
le altre sembran solo tuo generoso dono;
e in ogni felice forma noi ti rivediamo.
Ogni bellezza esterna ha di tuo qualcosa,
ma per animo costante nessun con te s'accorda.
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Sei tu a voler che la mia immagine tenga aperte (Sonetto 61)
-William Shakespeare
Sei tu a voler che la mia immagine tenga aperte
le mie palpebre pesante nell'estenuante notte?
Sei tu a desiderare che i miei sonni siano rotti
da ombre a te sembianti che ingannano il mio sguardo?
È forse il tuo spirito che stacchi dal tuo corpo
e mando da lontano per spiare le mie azioni,
per scoprire in me ore frivole e vergogne,
bersaglio ed alimento della tua gelosia?
No, il tuo amore pur forte, non è tanto grande:
è il mio amore che ti tiene gli occhi aperti,
il mio devoto amore frusta il mio riposo
per esser sempre vigile al tuo fianco.
Per te rimango sveglio, mentre tu vegli altrove,
molto lontano da me, ad altri troppo vicino.
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Peccato di vanità domina i miei occhi (Sonetto 62)
-William Shakespeare
Peccato di vanità domina i miei occhi,
l'intera anima mia ed ogni mio latro senso;
e per questo peccato non v'è alcun rimedio,
tanto è radicato nell'intimo del mio cuore.
Penso che nessun volto sia gentile quanto il mio
Né forma più perfetta, o perfezione sì pregiata;
e al mio proprio merito attribuisco tal valore
ch'io supero ogni altro in qualsiasi campo.
Ma quando lo specchio mi svela come sono,
colpito e disfatto da consunta vecchiaia,
leggo al rovescio questo amore di me stesso:
sarebbe cosa infame amare quell'io che vedo.
Sei tu, il mio vero io, che elogio in vece mia,
rinverendo la mia età col colore dei tuoi anni.
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Che tu sia biasimato non sarà tua colpa (Sonetto 70)
-William Shakespeare
Che tu sia biasimato non sarà tua colpa,
il bello è sempre stato bersaglio di calunnia,
sospetto è l'ornamento di ogni cosa bella:
un corvo che si libra nel più azzurro cielo.
Se tu sei buono, la calunnia darà maggior risalto
al tuo immenso merito, ambito come sei dal tempo;
perché l'invidia è verme che ama teneri germogli
e tu ad essa porgi un fresco fiore immacolato.
Sei passato tra le insidie della tua verde età
Senza esserne travolto, o vittorioso, se assalito;
ma questa tua virtù non può essere sì virtuosa
da soffocar l'invidia più che mai sfrenata.
Se nessun sospetto oscurasse il tuoi splendore,
tu saresti il solo a regnar su ogni cuore.
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Perché il mio verso è sì' spoglio di moderni orpelli (Sonetto 76)
-William Shakespeare
Perché il mio verso è sì spoglio di moderni orpelli,
sì lunghi da varianti o improvvisi mutamenti?
Perché seguendo il tempo non dedico uno sguardo
a metodi nuovissimi e a ricerche originali?
Perché ancora scrivo sull'unico stesso tema,
limitando l'inventiva a un ben noto stile,
tanto che ogni parola quasi svela il mio nome
mostrando la sua origine e donde essa proceda?
Oh sappi, dolce amore, io sempre di te scrivo,
e tu e l'amore siete il mio costante tema:
così quanto posso fare è rivestir vecchie parole
spendendo ancor quelle ormai già dispensate:
come il sole è ogni giorno nuovo e vecchio,
così il mio amore ancor ripete quello che già disse.
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Finché fui il solo a ricorrere al tuo aiuto (Sonetto 79)
-William Shakespeare
Finché fui il solo a ricorrere al tuo aiuto,
soltanto la mia poesia ebbe il tuo gentil favore;
ma ora le mie attraenti rime sono decadute
e la mia musa stanca offre il posto a un altro.
È vero caro amore, il tema della tua bellezza
merita l'impegno di una penna ben più valida;
però quanto il tuo poeta di te scrive
a te lo ruba e di nuovo a te lo paga.
Virtù egli ti ascrive e sottrasse a tal parola
Alla tua onestà; bellezza egli ti accorda
E la trovò sulle tue guance; non può offriti
Altri meriti se non quelli che in te vivono.
Non ringraziarlo quindi per ciò che egli dice,
il suo è un restituire quanto gli hai pagato.
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Ti ho invocato così spesso Musa (Sonetto 78)
-William Shakespeare
Ti ho invocato così spesso Musa
ottenendo tal favore alla mia poesia,
che ogni altra penna ha seguito il mio costume
e diffonde i suoi versi in tuo servigio.
I tuoi occhi che erudiron il muto a spiegare il canto
E alla crassa ignoranza a volar sublime,
hanno aggiunto penne alle ali dei sapienti
e conferito doppia maestà alla grazia.
Però sii maggiormente fiero di quanto io compongo
Perché tua è l'ispirazione e da te è nata:
nei versi altrui tu non migliori che lo stile
e l'arte loro è favorita dalle tue dolci grazie.
Per me tu solo sei tutta la mia arte
Ed elevi a sapienza la mia rude ignoranza.
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